C'è una data precisa che segna uno spartiacque nella storia di Askatasuna, il centro sociale torinese occupato dal 1996, ed è il 28 novembre 2025. Quel giorno i militanti di Askatasuna assaltano la redazione del quotidiano La Stampa, vuota per lo sciopero dei giornalisti, imbrattando i muri, gettando letame e mettendo a soqquadro la sede del giornale. Un fatto gravissimo che non può passare impunito e che porta alla risposta dello Stato con lo sgombero dopo 30 anni di occupazione avvenuto ieri.
L'operazione di polizia giudiziaria, con circa 300 agenti, è iniziata nelle prime ore delle mattina con otto decreti di perquisizione di cui uno rivolto proprio al centro sociale Askatasuna nati dopo le indagini per gli assalti non solo a La Stampa ma anche a Leonardo, a Ogr e alla Città metropolitana durante le manifestazioni pro Pal delle settimane passate. Tra i reati contestati figurano violenza privata, lesioni personali aggravate, interruzione di pubblico servizio, danneggiamento aggravato, violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravata, blocco stradale in concorso. Durante le perquisizioni sono inoltre stati sequestrati dispositivi elettronici, capi d'abbigliamento utilizzati durante le azioni violente e fumogeni.
Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha commentato la notizia affermando: «Sgomberato il centro sociale Askatasuna di Torino. Dallo Stato un segnale chiaro: non ci deve essere spazio per la violenza nel nostro Paese». La storia di Askatasuna non è nuova a episodi di violenza ed è costellata da illegalità, degrado e procedimenti giudiziari con una saldatura tra i mondi della sinistra radicale, il movimento No Tav, gli antagonisti e i collettivi.
L'indagine più nota coordinata dalla Digos di Torino è iniziata nel 2019 con il nome «Operazione Sovrano» ed è sfociata nel marzo 2021 nell'accusa di associazione sovversiva a carico di attivisti del centro sociale e del movimento No Tav per le azioni violente contro la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.
Sebbene i 28 militanti di Askatasuna imputati siano stati assolti dal reato associativo, per 18 sono scattate condanne dai 5 mesi e 10 giorni ai 4 anni e 9 mesi di reclusione per vari reati tra cui violenza privata, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, danneggiamento e violazione del foglio di via obbligatorio.
Per quale motivo si è arrivati allo sgombero dell'immobile di Corso Regina Margherita 47 solo ieri? La risposta è da ricercarsi nei legami tra il centro sociale e vari esponenti della sinistra torinese che fanno anche parte della maggioranza in Comune. Ieri il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha affermato che «la Prefettura di Torino ha comunicato alla Città l'accertamento della violazione delle prescrizioni relative all'interdizione all'accesso ai locali di corso Regina Margherita 47». Lo Russo ha poi aggiunto che «Tale situazione configura un mancato rispetto delle condizioni del patto di collaborazione che pertanto è cessato, come comunicato ai proponenti». La rottura del patto è dovuta al fatto che durante la perquisizione della polizia siano stati trovati sei attivisti in una parte inagibile del palazzo violando così una delle principali condizioni dell'accordo.
In realtà il centrodestra già da tempo sottolineava come fosse necessario sgomberare l'immobile a causa dell'illegalità diffusa ad Askatasuna ma il 30 gennaio 2024 la giunta comunale ha approvato una delibera con cui ha riconosciuto l'edificio occupato un «bene comune». Si è così avviato un percorso di cogestione che avrebbe dovuto portare a realizzare lavori nell'edificio fino alla rottura dopo l'assalto a La Stampa.
Askatasuna (il nome in basco significa «libertà») non è un centro sociale qualsiasi ma rappresenta un simbolo per il mondo antagonista non solo torinese ma di tutta Italia e, dopo il Leoncavallo a Milano, il suo sgombero è un duro colpo per la sinistra radicale. Per questo, a cominciare da ieri, la risposta dei collettivi non si è fatta attendere.