La Bce, come da attese, ha scelto la continuità: tassi fermi al 2% e messaggio «da manuale», cioè nessun percorso prestabilito e decisioni di volta in volta in base ai dati. Ma c'è chi scommette che il prossimo movimento dei tassi sarà al rialzo dopo le recenti dichiarazioni del membro del consiglio direttivo, Isabel Schnabel, che ha confermato lo stop ai tagli e aperto a un'inversione nel 2026. I riflettori sono puntati sulla prossima riunione fissata in calendario per il 5 febbraio.
Nel frattempo, il tasso sui depositi resta invariato al 2%, il tasso sui rifinanziamenti principali al 2,15% e quello sui prestiti marginali al 2,4 per cento. Contestualmente, l'istituto ha confermato che l'inflazione dovrebbe stabilizzarsi intorno al target del 2% nel medio termine. «Le ultime proiezioni elaborate dagli esperti dell'Eurosistema indicano un'inflazione complessiva al 2,1% nel 2025, all'1,9% nel 2026, all'8% nel 2027 e al 2% nel 2028», ha riportato la banca centrale. Francoforte ha, dunque, deciso di mantenere per ora i tassi al livello raggiunto a giugno, dopo averli ridotti di due punti percentuali con otto tagli in un anno. «La decisione unanime è stata anche sul fatto di mantenere tutte le opzioni sul tavolo. Non c'è nessun percorso prestabilito dei tassi e nessuna data fissata per una mossa» di politica monetaria, ha chiarito la presidente Christine Lagarde. In sostanza, il messaggio è: buona posizione, ma mani libere. Se i servizi restano ostinati e le pressioni salariali non calano, il 2% sui depositi potrebbe infatti risultare troppo accomodante col tempo. Intanto, le stime macro aggiornate raccontano un quadro più «solido» rispetto a settembre: grazie a un aumento della domanda interna, il Pil dovrebbe aumentare dell'1,4% nel 2025, all'1,2% nel 2026 e all'1,4% nel 2027, livello sul quale dovrebbe mantenersi nel 2028.
Nella nota diffusa dalla Bce, viene anche sottolineato che «lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria può essere utilizzato per contrastare ingiustificate, disordinate dinamiche di mercato che mettano seriamente a repentaglio la trasmissione della politica monetaria in tutti i paesi dell'area dell'euro, consentendo così al Consiglio direttivo di assolvere con più efficacia il proprio mandato della stabilità dei prezzi». Una frase che può essere letta anche in chiave francese: non permetteremo che nessun grande Paese dell'euro - nemmeno la Francia - diventi un problema sistemico per la trasmissione della politica monetaria. In caso di emergenza, Francoforte può ricorrere al Transmission Protection Instrument (Tpi) che le consente di acquistare quantità illimitate di titoli da un Paese sotto pressione sul mercato, ma solo finché rispetta i parametri, tra cui le regole di bilancio della Ue.

